mercoledì 18 novembre 2009

IL LIBRO DEL MESE: “NEVE DI PRIMAVERA” DI YUKIO MISHIMA

Tokyo, primi decenni del ventesimo secolo. La guerra russo-giapponese è da poco terminata con la vittoria del Giappone; dopo secoli di volontario isolamento, il Paese del Sol Levante sta diventando una potenza mondiale in grado si competere con le nazioni occidentali. In un contesto di profondi cambiamenti politici e sociali si svolge la storia di Kiyoaki Matsugae, giovane rampollo di una famiglia di borghesi arricchiti, e della bellissima Satoko Ayakura, discendente di un antico clan nobiliare. Tra i due si sviluppa ben presto una sofferta relazione amorosa, dalla quale prende le mosse un’intricata vicenda composta in egual misura di tensione erotica e presagi di morte. Shigekuni Honda, compagno di scuola e fraterno amico di Kiyoaki, assisterà impotente alla progressiva caduta di quest’ultimo in una profonda crisi sentimentale ed esistenziale, dalla quale il ragazzo non si solleverà mai più.

E’questa, in breve, la trama di “Neve di primavera” (“Haru no Yuki” in originale), straordinario romanzo del 1966 nato dalla penna dello scrittore nipponico Yukio Mishima. L’opera, che costituisce il primo volume della tetralogia “Il mare della fertilità”, presenta attraverso la tragica esperienza di Kiyoaki e Satoko un eccezionale affresco della società giapponese in un periodo critico della sua storia, quando le tradizioni del passato erano messe in discussione dallo spirito di modernizzazione e “occidentalizzazione” che imperversava per il Paese. Quello di Mishima non è sicuramente un romanzo di facile lettura: l’autore infatti rinuncia spesso a descrivere l’azione per dedicare intere pagine ad una lucida ed accurata analisi della psiche dei personaggi, mettendo a nudo (quasi impietosamente) i loro pensieri e le loro emozioni più profonde. La scelta si giustifica alla luce di una delle tematiche principali affrontate nel racconto: i moti dello spirito hanno la precedenza sugli avvenimenti della realtà esteriore. Nonostante questa peculiare strategia narrativa, che rende il romanzo piuttosto difficile da “digerire”, non mancano nel corso di tutta l’opera dei momenti di grande lirismo, che fanno capolino timidamente, quasi involontariamente dalla prosa “lenta e dolorosa” di Mishima; fra tutti citiamo l’episodio del primo bacio che si scambiano i due protagonisti, mentre attraversano in carrozza le strade di una Tokyo sommersa dalla neve:

l’atmosfera spettrale e quasi surreale che l’autore riesce a rendere in queste poche righe è

assolutamente impareggiabile, sufficiente, a nostro giudizio, a far meritare al romanzo il titolo di capolavoro della letteratura internazionale. L’accostamento di amore e morte ricorre spesso nella

narrativa di Mishima, tuttavia raramente lo si può trovare così intensamente sentito e vissuto come in “Neve di primavera”. Usiamo il termine “vissuto” anche e soprattutto in riferimento alla reale vicenda biografica dell’autore, nazionalista conservatore che non riuscì mai realmente ad accettare il distacco del Giappone dai valori tradizionali e fondamentali codificati nel bushido, il codice d’onore dei samurai. Il 25 novembre 1970, all’età di quarantacinque anni, Mishima consegnò al suo editore l’ultimo volume del ciclo del “Mare della fertilità”; quello stesso giorno si suicidò praticando il seppuku, la morte rituale degli antichi guerrieri nipponici. Pochi minuti prima di morire scrisse un breve biglietto d’addio al mondo: “La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre”.

Lorenzo M. Colombo